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Nel fine settimana pubblichiamo letture e vangelo della domenica ed i santi del sabato e della domenica.
Se leggete con lo smartphone può essere necessario leggere in "orizzontale !!"
28 Aprile 2024
ALL’INGRESSO
Il Signore è la mia luce e la mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore difende la mia vita:
di chi avrò paura? Alleluia.
LETTURA At 7, 2-8. 11-12a. 17. 20-22. 30-34. 36-42a. 44-48a. 51-54
Lettura degli Atti degli Apostoli
In quei giorni. Stefano rispose: «Fratelli e padri, ascoltate: [il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo quando era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Carran, e gli disse: “Esci dalla tua terra e dalla tua gente e vieni nella terra che io ti indicherò”. Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte di suo padre, Dio lo fece emigrare in questa terra dove voi ora abitate. In essa non gli diede alcuna proprietà, neppure quanto l’orma di un piede e, sebbene non avesse figli, promise “di darla in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui”. Poi Dio parlò così: “La sua discendenza vivrà da straniera in terra altrui, tenuta in schiavitù e oppressione per quattrocento anni. Ma la nazione di cui saranno schiavi, io la giudicherò – disse Dio – e dopo ciò usciranno” e mi adoreranno in questo luogo. E gli diede l’alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e lo circoncise l’ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi. Su tutto l’Egitto e su Canaan vennero carestia e grande tribolazione e i nostri padri non trovavano da mangiare. Giacobbe, avendo udito che in Egitto c’era del cibo, vi inviò i nostri padri.] Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto. In quel tempo nacque Mosè, ed era molto bello. Fu allevato per tre mesi nella casa paterna e, quando fu abbandonato, lo raccolse la figlia del faraone e lo allevò come suo figlio. Così Mosè venne educato in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente in parole e in opere. Passati quarant’anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente. Mosè rimase stupito di questa visione e, mentre si avvicinava per vedere meglio, venne la voce del Signore: “Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”. Tutto tremante, Mosè non osava guardare. Allora il Signore gli disse: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo in cui stai è terra santa. Ho visto i maltrattamenti fatti al mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli. Ora vieni, io ti mando in Egitto”. Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nella terra d’Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto per quarant’anni. Egli è quel Mosè che disse ai figli d’Israele: “Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me”. Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l’angelo, che gli parlava sul monte Sinai, e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi. Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, anzi lo respinsero e in cuor loro si volsero verso l’Egitto, dicendo ad Aronne: “Fa’ per noi degli dèi che camminino davanti a noi, perché a questo Mosè, che ci condusse fuori dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegrarono per l’opera delle loro mani. Ma Dio si allontanò da loro e li abbandonò al culto degli astri del cielo. [Nel deserto i nostri padri avevano la tenda della testimonianza, come colui che parlava a Mosè aveva ordinato di costruirla secondo il modello che aveva visto. E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè la portarono con sé nel territorio delle nazioni che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di Davide. Costui trovò grazia dinanzi a Dio e domandò di poter trovare una dimora per la casa di Giacobbe; ma fu Salomone che gli costruì una casa. L’Altissimo tuttavia non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo.] Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano.
SALMO Sal 117 (118)
Lodate il Signore e proclamate le sue meraviglie.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre». R
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre». R
Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza. R
EPISTOLA 1Cor 2, 6-12
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano». Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato.
In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi».
COMMENTO:
V domenica T. Pasqua (Anno B) (29/04/2018)
Vangelo: Gv 17,1b-11
di don Walter MagniCi sono passi del Vangelo che non chiedono tanto di esercitare l'intelligenza, ma la predisposizione del cuore. Passaggi e parole di Vangelo che si fanno spazio dentro di noi, in modo discreto e paziente. Come pioggia leggera che feconda la terra arida; come raggi di sole che irrompono negli anfratti più oscuri del cuore. Proviamo a riprendere solo alcune espressioni, alcune parole del brano evangelico proposto in questa liturgia.
“Alzati gli occhi al cielo”
Va registrato anzitutto un gesto di Gesù. Sta scritto che “alzati gli occhi al cielo” si mise a pregare. Non è solo un movimento degli occhi, una direzione dello sguardo. È più una tensione del cuore. Che dice una nostalgia delle origini, il desiderio di tornare alla fonte del proprio essere. Così, mentre ancora i Suoi discepoli si guardavano smarriti, respirando un'aria di tradimento, Gesù conclude il Suo discorso di addio alzando gli occhi al cielo. Invitando tutti a fare come Lui. Come seguendo la direzione del Suo sguardo, prima di mettersi a pregare e pronunciare qualche parola. Un cartello, posto all'ingresso di una chiesa valdese riportava questa scritta: “Le pecore talora si smarriscono perché brucano l'erba senza mai alzare lo sguardo” (chiesa valdese di Torre Pellice). Mentre per Gesù alzare gli occhi al cielo era invece un gesto abituale. Premessa, introduzione normale alla Sua preghiera. Così come i salmi Gli avevano insegnato: “A te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli” (sl 123,1). Prima di una guarigione (Mc 7,3) o della resurrezione di Lazzaro (Gv 17,1). O come in quell'episodio di moltiplicazione del pane e dei pesci, quando, “alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione” (Mt 14,19). Sino allo sguardo levato al cielo durante l'Ultima cena, prima di benedire il pane spezzato e il vino versato. Scriveva Alda Merini: “Non mettetemi accanto a chi si lamenta senza mai alzare lo sguardo, a chi non sa dire grazie, a chi non sa accorgersi più di un tramonto. Chiudo gli occhi, mi scosto di un passo. Sono altro. Sono altrove”.
“Padre è venuta l'ora...”
E mentre lasciamo che Gesù guidi il nostro sguardo verso il cielo, viene alla mente, un'indicazione della nostra liturgia eucaristica. Quando il celebrante, poco prima di proclamare il prefazio, esorta col gesto delle braccia alzate, tutta l'assemblea dicendo: “in alto i nostri cuori”, mentre tutti rispondono convinti: “sono rivolti al Signore...”. Così Gesù prosegue nel Vangelo, avviando una lunga preghiera, dicendo, con tono di attesa filiale, la parola Padre: “Padre è venuta l'ora”. Una parola che potremo ripetere anche noi una volta e una volta ancora. Sostando magari come stupiti. Quasi scavando la parola, sin quasi a risentire lo stesso intimo affetto di Figlio che sta dentro l'originale aramaico “Abbà”: Babbo, Babbino mio. Perché lo sguardo al cielo di Gesù non è di circostanza. Semplicemente vuole portarci al cuore di una relazione. Nelle trame delicate e calde di un rapporto che già prelude a un abbraccio. Come quando, guardandosi negli occhi, sentiamo di poter dire d'essere l'uno di fronte all'altro, l'uno dentro l'altro, senza temere d'essere feriti o traditi. E intanto già ti prende la voglia di tuffarti in Lui, assaporando il gusto di sentirti come intrecciato, per un tempo che non si può contare.
Teresa di Gesù Bambino, racconta nel suo Diario, che quando pregava il Padre nostro, si fermava alla prima parola e non le riusciva più d'andare avanti. Come se solo quella parola le bastasse.
“Questa è la vita eterna”
E ancora un'espressione Gesù ci regala, quando definisce che “questa è la vita eterna”. Quanto è sobrio e indeterminato il Vangelo nel descrivere l'aldilà, rispetto al ricco immaginario, elaborato da tanti artisti e teologi, lungo la storia della Chiesa. Anche questo oggi dovrebbe dirci qualcosa. Nel Vangelo di domenica scorsa Gesù diceva, con semplicità e immediatezza ai Suoi: adesso “vado a prepararvi un posto”. Cos'è mai la vita eterna alla quale ancora oggi Gesù allude? Bello sarebbe uscire finalmente da un credito eccessivo dato all'immagine di un posto, di un luogo, collocato geograficamente da qualche parte dell'universo. Per dare spazio piuttosto ai dinamismi più umani di una relazione. A partire da quella che Gesù intrattiene col Padre Suo; e a seguire, anche la nostra. Di noi in Lui e di Lui in noi, per sempre. Come fossimo nella trama di un dialogo che non ha fine e che già su questa terra è cominciato. Anche l'ultima espressione di questo Vangelo assomiglia a un testamento che ormai ci lega a Lui, senza lasciarci più. Perché “questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo”. E' Gesù, dunque, il nostro posto, il luogo di un appuntamento. Come una relazione d'amore, senza fine. Sicuri, come ci ha detto Paolo nell'Epistola ai Corinzi, che ci stiamo semplicemente riferendo ad una sapienza che non è di questo mondo: “sapienza (...) che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria”.
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3 DOMENICA DI PASQUA
Sal 32 (33), 5b-6a
Della bontà di Dio piena è la terra, alleluia;
la sua parola creò l’universo, alleluia.
Si dice il Gloria.
Dio di misericordia, luce e conforto di chi crede in te,
ravviva sempre più nella tua Chiesa
i desideri che tu le hai suscitato nel cuore
e, rivelando la sublimità delle tue promesse,
rendi più certa la nostra speranza;
così i tuoi figli potranno aspettare con fiduciosa pazienza
il destino di gloria ancora nascosto,
ma già contemplato senz’ombra di dubbio dagli occhi della fede.
Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
At 16, 22-34
Lettura degli Atti degli Apostoli.
In quei giorni. La folla insorse contro Paolo e Sila e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi.
Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti. Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «Non farti del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese con sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.
Parola di Dio.
Sal 97 (98), 1-4
Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.
oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo. R.
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele. R.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni! R.
Col 1, 24-29
Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.
Fratelli, io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza.
Parola di Dio.
Cfr. Gv 14, 6
Alleluia.
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore;
nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Alleluia.
Gv 14, 1-11a
Lettura del Vangelo secondo Giovanni.
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me».
Parola del Signore.
COMMENTO
Se collocate nel contesto in cui vengono pronunciate, è evidente che queste parole di Gesù intendono dare conforto gli apostoli. Nell'ultima cena, Gesù si rende conto che gli apostoli si sentiranno smarriti e scoraggiati e perduti. Allora cerca di dare loro parole che accendono la speranza. Io vado avanti a prepararvi un posto, dice loro Gesù, per dire che, anche se non lo vedranno più accanto a loro, Gesù comunque, sarà sempre vicino a loro perché si sta occupando di loro, lassù nel cielo. Perciò queste parole sono molto preziose per il credente di ogni tempo, perché soprattutto nei momenti difficili, soprattutto nei momenti di sconforto, soprattutto nei momenti di solitudine, il credente può guardare verso il cielo con questa speranza. Qualcuno ti sta preparando un posto. Sapere di avere un posto prenotato, di avere un posto preparato, di avere un posto in cui saremo accolti, ecco ci aiuta a camminare con più speranze. Siamo invitati a far questo, a guardare ogni istante il cielo, sapendo che là, in cielo, qualcuno sta lavorando per la nostra felicità e sta garantendo il nostro futuro. Queste parole di Gesù allora sono davvero speranza, non solo per gli apostoli ma anche per i discepoli di Gesù di ogni tempo e anche per noi oggi.
VOGLIO ANDARE A CASA
Penso che tutti, in un modo o nell'altro, amiamo la nostra casa. Certo, alle volte la sentiamo anche piccola e stretta: e tuttavia sperimentiamo tutti, ogni tanto, la gioia di poterci ritirare in casa, nella nostra camera, chiudendo fuori, almeno per un momento, le molte occupazioni e preoccupazioni che la vita ci presenta.
Anche i giovani – che pure amano uscire fuori e girare per il mondo – sentono spesso il desiderio di tornare a casa, per trovare un po' di pace nella propria camera, tra le proprie cose. Voglio andare a casa – canta ad esempio Jovanotti, che certo ben esprime i sentimenti di molti giovani d'oggi – io voglio andare a casa, la casa dove posso trovar pace.
Dunque, il desiderio della casa tocca un po' il cuore di tutti. Proprio come accadeva già in quel tempo ai discepoli radunati attorno a Gesù per l'ultima cena, secondo il racconto del Vangelo di Giovanni di oggi: anche quei discepoli sentivano forte il desiderio di una casa dove trovar pace.
In realtà, essi una casa l'avevano trovata proprio il giorno in cui si erano incontrati con Gesù di Nazareth. "Maestro, dove abiti?" – gli avevano domandato all'inizio i primi due discepoli, sulla riva del fiume Giordano; "Venite e vedrete" – aveva risposto loro Gesù, assecondandone subito il desiderio: e quel giorno appunto i due "andarono, videro dove abitava e si fermarono presso di lui" (Gv 1, 35-39). Così accadde in seguito per molti altri, nelle diverse città e regioni attraversate da Gesù.
All'inizio dunque i discepoli erano stati colpiti dalle parole del Maestro, e avevano deciso di metter su casa con lui. Per questo motivo lo seguivano ovunque andasse: e anche quando a due a due erano stati inviati a predicare avevano sentito forte nel cuore il desiderio di ritornare a casa, da Gesù, per raccontargli ogni cosa (Lc 10, 17).
Ora Gesù stava per lasciarli: la sua condanna a morte era ormai già scritta, e i discepoli vedevano così andare in frantumi quella casa, quella compagnia che avevano costruito. Il loro cuore, dice il Vangelo, era turbato (Gv 14 ,1): affannato, agitato, proprio come il nostro cuore quando non riesce a trovare una casa tranquilla in cui riposare.
Certo, ai discepoli ed a noi Gesù fa intravedere un'altra casa – la casa del Padre mio (Gv 14, 2) – una casa che ha molti posti, un posto per ciascuno di noi, un posto che ci può davvero dare la serenità cercata. Eppure ai discepoli ed a noi l'immagine di quest'altra casa appare ancora troppo confusa e distante: il nostro cuore rimane turbato, e ci ritroviamo spesso affaticati e spaesati lungo le strade della nostra vita. Perché sarà pure vero che la casa del Padre è bella ed ha molti posti: ma intanto le strade in cui ci troviamo sono piene di affanni e di paure, e non è detto che ci conducano proprio alla casa tanto desiderata.
Ma la risposta di Gesù a questo turbamento dei discepoli e nostro non si fa attendere: "Io vado a prepararvi un posto... e del luogo dove io vado, voi conoscete la via" (Gv 14 ,2.4); infatti "io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14, 6). Il Signore dunque non solo ci promette una mèta – la casa del Padre – ma addirittura ci anticipa questa mèta nella sua stessa vita. Perché è proprio nella sua vita che si è manifestata la casa benedetta del Padre: nella sua vita, come pure – e soprattutto – nella sua morte e risurrezione, quando il Padre non lo ha abbandonato negli inferi, ma lo ha fatto entrare per sempre nella sua casa. In lui davvero si è manifestata la casa benedetta del Padre.
"Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14, 9) – conferma infatti Gesù ai discepoli turbati: e dunque anche oggi chi incontra Gesù vede la casa benedetta del Padre, e può da subito camminare verso quella casa cercata e desiderata. Soltanto così possiamo ritrovare la speranza; e possiamo scoprire che il desiderio della casa non può spingerci alla chiusura nelle nostre piccole mura domestiche, ma deve aprirci al Vangelo del Padre, alla promessa buona che il Padre ci ha fatto, oltre le ristrettezze del tempo presente.
Il desiderio della casa diventa allora il desiderio di una vita nuova: una vita che inizia oggi, nell'incontro con Gesù risorto; una vita che sa custodire tutti i doni preziosi in essa nascosti; ma anche una vita che guarda avanti, alla casa promessa del Padre. Con una sola certezza: "l'occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia" (Sal 33, 18). Una certezza che è davvero già oggi casa sicura per tutti.