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Vangelo e Santo del Giorno

 

Nel fine settimana pubblichiamo letture e vangelo della domenica ed i santi del sabato e della domenica.

 

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V Domenica di Pasqua

28 Aprile 2024

ALL’INGRESSO  
Il Signore è la mia luce e la mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore difende la mia vita:
di chi avrò paura? Alleluia.

LETTURA At 7, 2-8. 11-12a. 17. 20-22. 30-34. 36-42a. 44-48a. 51-54
Lettura degli Atti degli Apostoli

In quei giorni. Stefano rispose: «Fratelli e padri, ascoltate: [il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo quando era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Carran, e gli disse: “Esci dalla tua terra e dalla tua gente e vieni nella terra che io ti indicherò”. Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte di suo padre, Dio lo fece emigrare in questa terra dove voi ora abitate. In essa non gli diede alcuna proprietà, neppure quanto l’orma di un piede e, sebbene non avesse figli, promise “di darla in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui”. Poi Dio parlò così: “La sua discendenza vivrà da straniera in terra altrui, tenuta in schiavitù e oppressione per quattrocento anni. Ma la nazione di cui saranno schiavi, io la giudicherò – disse Dio – e dopo ciò usciranno” e mi adoreranno in questo luogo. E gli diede l’alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e lo circoncise l’ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi. Su tutto l’Egitto e su Canaan vennero carestia e grande tribolazione e i nostri padri non trovavano da mangiare. Giacobbe, avendo udito che in Egitto c’era del cibo, vi inviò i nostri padri.] Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto. In quel tempo nacque Mosè, ed era molto bello. Fu allevato per tre mesi nella casa paterna e, quando fu abbandonato, lo raccolse la figlia del faraone e lo allevò come suo figlio. Così Mosè venne educato in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente in parole e in opere. Passati quarant’anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente. Mosè rimase stupito di questa visione e, mentre si avvicinava per vedere meglio, venne la voce del Signore: “Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”. Tutto tremante, Mosè non osava guardare. Allora il Signore gli disse: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo in cui stai è terra santa. Ho visto i maltrattamenti fatti al mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli. Ora vieni, io ti mando in Egitto”. Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nella terra d’Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto per quarant’anni. Egli è quel Mosè che disse ai figli d’Israele: “Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me”. Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l’angelo, che gli parlava sul monte Sinai, e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi. Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, anzi lo respinsero e in cuor loro si volsero verso l’Egitto, dicendo ad Aronne: “Fa’ per noi degli dèi che camminino davanti a noi, perché a questo Mosè, che ci condusse fuori dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegrarono per l’opera delle loro mani. Ma Dio si allontanò da loro e li abbandonò al culto degli astri del cielo. [Nel deserto i nostri padri avevano la tenda della testimonianza, come colui che parlava a Mosè aveva ordinato di costruirla secondo il modello che aveva visto. E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè la portarono con sé nel territorio delle nazioni che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di Davide. Costui trovò grazia dinanzi a Dio e domandò di poter trovare una dimora per la casa di Giacobbe; ma fu Salomone che gli costruì una casa. L’Altissimo tuttavia non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo.] Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano.

SALMO Sal 117 (118)

Lodate il Signore e proclamate le sue meraviglie.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre». R

Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre». R

Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza. R

EPISTOLA 1Cor 2, 6-12
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano». Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato.

VANGELO Gv 17, 1b-11
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi».

COMMENTO:

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla Liturgia

V domenica T. Pasqua (Anno B) (29/04/2018)

Vangelo: Gv 17,1b-11 

di don Walter Magni

Ci sono passi del Vangelo che non chiedono tanto di esercitare l'intelligenza, ma la predisposizione del cuore. Passaggi e parole di Vangelo che si fanno spazio dentro di noi, in modo discreto e paziente. Come pioggia leggera che feconda la terra arida; come raggi di sole che irrompono negli anfratti più oscuri del cuore. Proviamo a riprendere solo alcune espressioni, alcune parole del brano evangelico proposto in questa liturgia.

“Alzati gli occhi al cielo”
Va registrato anzitutto un gesto di Gesù. Sta scritto che “alzati gli occhi al cielo” si mise a pregare. Non è solo un movimento degli occhi, una direzione dello sguardo. È più una tensione del cuore. Che dice una nostalgia delle origini, il desiderio di tornare alla fonte del proprio essere. Così, mentre ancora i Suoi discepoli si guardavano smarriti, respirando un'aria di tradimento, Gesù conclude il Suo discorso di addio alzando gli occhi al cielo. Invitando tutti a fare come Lui. Come seguendo la direzione del Suo sguardo, prima di mettersi a pregare e pronunciare qualche parola. Un cartello, posto all'ingresso di una chiesa valdese riportava questa scritta: “Le pecore talora si smarriscono perché brucano l'erba senza mai alzare lo sguardo” (chiesa valdese di Torre Pellice). Mentre per Gesù alzare gli occhi al cielo era invece un gesto abituale. Premessa, introduzione normale alla Sua preghiera. Così come i salmi Gli avevano insegnato: “A te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli” (sl 123,1). Prima di una guarigione (Mc 7,3) o della resurrezione di Lazzaro (Gv 17,1). O come in quell'episodio di moltiplicazione del pane e dei pesci, quando, “alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione” (Mt 14,19). Sino allo sguardo levato al cielo durante l'Ultima cena, prima di benedire il pane spezzato e il vino versato. Scriveva Alda Merini: “Non mettetemi accanto a chi si lamenta senza mai alzare lo sguardo, a chi non sa dire grazie, a chi non sa accorgersi più di un tramonto. Chiudo gli occhi, mi scosto di un passo. Sono altro. Sono altrove”.

“Padre è venuta l'ora...”
E mentre lasciamo che Gesù guidi il nostro sguardo verso il cielo, viene alla mente, un'indicazione della nostra liturgia eucaristica. Quando il celebrante, poco prima di proclamare il prefazio, esorta col gesto delle braccia alzate, tutta l'assemblea dicendo: “in alto i nostri cuori”, mentre tutti rispondono convinti: “sono rivolti al Signore...”. Così Gesù prosegue nel Vangelo, avviando una lunga preghiera, dicendo, con tono di attesa filiale, la parola Padre: “Padre è venuta l'ora”. Una parola che potremo ripetere anche noi una volta e una volta ancora. Sostando magari come stupiti. Quasi scavando la parola, sin quasi a risentire lo stesso intimo affetto di Figlio che sta dentro l'originale aramaico “Abbà”: Babbo, Babbino mio. Perché lo sguardo al cielo di Gesù non è di circostanza. Semplicemente vuole portarci al cuore di una relazione. Nelle trame delicate e calde di un rapporto che già prelude a un abbraccio. Come quando, guardandosi negli occhi, sentiamo di poter dire d'essere l'uno di fronte all'altro, l'uno dentro l'altro, senza temere d'essere feriti o traditi. E intanto già ti prende la voglia di tuffarti in Lui, assaporando il gusto di sentirti come intrecciato, per un tempo che non si può contare.
Teresa di Gesù Bambino, racconta nel suo Diario, che quando pregava il Padre nostro, si fermava alla prima parola e non le riusciva più d'andare avanti. Come se solo quella parola le bastasse.

“Questa è la vita eterna”
E ancora un'espressione Gesù ci regala, quando definisce che “questa è la vita eterna”. Quanto è sobrio e indeterminato il Vangelo nel descrivere l'aldilà, rispetto al ricco immaginario, elaborato da tanti artisti e teologi, lungo la storia della Chiesa. Anche questo oggi dovrebbe dirci qualcosa. Nel Vangelo di domenica scorsa Gesù diceva, con semplicità e immediatezza ai Suoi: adesso “vado a prepararvi un posto”. Cos'è mai la vita eterna alla quale ancora oggi Gesù allude? Bello sarebbe uscire finalmente da un credito eccessivo dato all'immagine di un posto, di un luogo, collocato geograficamente da qualche parte dell'universo. Per dare spazio piuttosto ai dinamismi più umani di una relazione. A partire da quella che Gesù intrattiene col Padre Suo; e a seguire, anche la nostra. Di noi in Lui e di Lui in noi, per sempre. Come fossimo nella trama di un dialogo che non ha fine e che già su questa terra è cominciato. Anche l'ultima espressione di questo Vangelo assomiglia a un testamento che ormai ci lega a Lui, senza lasciarci più. Perché “questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo”. E' Gesù, dunque, il nostro posto, il luogo di un appuntamento. Come una relazione d'amore, senza fine. Sicuri, come ci ha detto Paolo nell'Epistola ai Corinzi, che ci stiamo semplicemente riferendo ad una sapienza che non è di questo mondo: “sapienza (...) che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria”.

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Santo del Giorno

Oggi 27 aprile si venera:
 
 

Santa Zita


Santa Zita
autore: Arnould de Vuez anno: 1696 titolo: Santa Zita luogo: Museo di L'Hospice Comtesse
Nome: Santa Zita
Titolo: Vergine
Nascita: 1218, Toscana
Morte: 7 aprile 1272, Lucca
Ricorrenza: 27 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Canonizzazione:
5 settembre 1696, Roma, papa Innocenzo XII
Nel linguaggio medievale, « zita » equivaleva a quella che, nei dialetti toscani, è ancora detta « cita » o « citta ». Voleva dire cioè « ragazza », e il diminutivo di quel termine esiste ancora nel vocabolario italiano: « zitella », cioè non maritata.
Santa Zita è dunque la santa ragazza, ed è l'unica Santa di questo nome che ancora viene ripetuto in Toscana, e specialmente in Lucchesia. Santa Zita, infatti, è la Santa di Lucca, e già Dante, per indicare i magistrati della città di Lucca, parlava degli « anziani di Santa Zita ».
Zita era nata vicino a Lucca, a Monsagrati, nel 1218, in una famiglia contadina. Non ebbe nessuna particolare istruzione, ma fin da bambina si dette una regola di condotta religiosa chiedendosi semplicemente: « Questo piace al Signore? Questo dispiace a Gesù? ». Con questa linea di condotta crebbe devota e utile, aiutando i genitori a vendere in città i prodotti dei loro campi. A 18 anni entrò a servizio, a Lucca, nella casa dei Fatinelli, anzi nel palazzo di quella famiglia, che era una delle più ricche della città. Le tentazioni della città avrebbero potuto aver facile presa nell'anima della semplice campagnola, ma la linea di condotta impostasi dalla fanciulla, pur nella sua ingenuità, non consentiva né errori né distrazioni. « Questo piace a Gesù? E questo gli dispiace? ».
E piaceva a Gesù che ogni mattina, con il permesso della padrona, Zita si recasse in chiesa, mentre tutti gli altri ancora dormivano. E poi accudisse puntualmente, prima di tutti e meglio di tutti, alle pesanti incombenze casalinghe, alle quali si dedicavano le donne di quei tempi. Ma fu soprattutto la straordinaria generosità verso i poveri che costituì il più delicato profumo della santità della servetta. Ogni venerdì, ella, la più fidata tra le domestiche, aveva il compito di distribuire le elemosine ai poveri.
Santa Zita che disseta il pellegrino
titolo Santa Zita che disseta il pellegrino
autore Paolo Guidotti anno XVII sec

E trovava sempre il modo di aggiungervi qualcosa di suo, risparmiato sul magro cibo, sullo scarso salario e sul modestissimo vestiario. Presto il padrone sospettò che Zita donasse ai poveri più di quanto egli aveva disposto. Era vero, ma quel di più non apparteneva a lui. Rappresentava il superfluo della sua serva incredibilmente sobria.
Miracolo di Santa Zita
titolo Miracolo di Santa Zita
autore Bernardo Strozzi anno XVII sec

Un giorno, incontrando Zita con il grembiule gonfio di alimenti, le chiese severamente che cosa portasse. « Fiori e fronde », rispose la ragazza. Disciolto il grembiule. ne caddero davvero fiori e fronde, miracolosi simboli della carità e della generosità, impersonata da Santa Zita. Sempre più amata, rispettata e venerata, visse nella casa dei Fatinelli fin verso i sessant'anni, considerandosi nient'altro che un'umile, obbediente e devota serva. Soltanto dopo la sua morte i cittadini di Lucca le tributarono onori come a una grande Santa, e gli stessi magistrati della città non disdegnarono di essere indicati come « gli anziani di Santa Zita », senza che facesse velo al loro orgoglio l'umile condizione della Santa servetta, delicato fiore della città gentile.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Lucca, santa Zita, vergine, che, di umili natali, fu per dodici anni domestica in casa della famiglia Fatinelli e in questo servizio perseverò con straordinaria pazienza fino alla morte.

Santo del Giorno

Il 28 aprile si venera:
 
 

Santa Valeria di Milano


Santa Valeria di Milano
 
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Nome: Santa Valeria di Milano
Titolo: Martire
Nascita: III Secolo, Roma
Morte: III Secolo, Roma
Ricorrenza: 28 aprile
Tipologia: Commemorazione
Santa Valeria è più conosciuta per essere stata la moglie di San Vitale, un ufficiale dell'esercito ucciso e martirizzato nella città di Ravenna, e madre dei Santi martiri gemelli Gervasio e Protasio, visse nel III secolo.
Avrebbe desiderato portare con se il marito morto alle porte di Ravenna, ma i cristiani del luogo glielo impedirono. Quindi si mise in viaggio per Milano ma incontrò dei contadini pagani e rifiutatasi di rimanere con loro facendo sacrifici agli dei, venne così violentemente percossa che morì dopo qualche giorno.
Pur essendo rappresentata già in epoca antica nei mosaici di Sant'Apollinare nuovo a Ravenna, Valeria non ha un'iconografia specifica. Oltre a Valeria furono fatti Santi anche il marito Vitale e i figli Protasio e Gervasio.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Ravenna, commemorazione di san Vitale: in questo giorno, come si tramanda, sotto il suo nome fu dedicata a Dio la celebre basilica in quella città. Egli insieme ai santi martiri Valeria, Gervasio, Protasio e Ursicino è da tempo immemorabile venerato per l'impavida fede tenacemente difesa.

Vangelo e santo del fine settimana

Nel fine settimana pubblichiamo letture e vangelo della domenica ed i santi del sabato e della domenica.

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3 DOMENICA DI PASQUA

ALL'INGRESSO

Sal 32 (33), 5b-6a
 

Della bontà di Dio piena è la terra, alleluia;
la sua parola creò l’universo, alleluia.

 

 

Si dice il Gloria.

ALL'INIZIO DELL'ASSEMBLEA LITURGICA

 

Dio di misericordia, luce e conforto di chi crede in te,
ravviva sempre più nella tua Chiesa
i desideri che tu le hai suscitato nel cuore
e, rivelando la sublimità delle tue promesse,
rendi più certa la nostra speranza;
così i tuoi figli potranno aspettare con fiduciosa pazienza
il destino di gloria ancora nascosto,
ma già contemplato senz’ombra di dubbio dagli occhi della fede.
Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

LETTURA

At 16, 22-34
Il battesimo del carceriere: credi nel Signore Gesù e sarai salvato.

Lettura degli Atti degli Apostoli.

In quei giorni. La folla insorse contro Paolo e Sila e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi.
Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti. Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «Non farti del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese con sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.

Parola di Dio.

SALMO

Sal 97 (98), 1-4
 

Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo. R.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele. R.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni! R.

EPISTOLA

Col 1, 24-29
Sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi, a favore della Chiesa, di cui sono diventato ministro.

Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.

Fratelli, io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO

Cfr. Gv 14, 6
 

Alleluia.
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore;
nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Alleluia.

VANGELO

Gv 14, 1-11a
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Mostraci il Padre, io sono la via, la verità e la vita.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me».

Parola del Signore.

 

COMMENTO

Se collocate nel contesto in cui vengono pronunciate, è evidente che queste parole di Gesù intendono dare conforto gli apostoli. Nell'ultima cena, Gesù si rende conto che gli apostoli si sentiranno smarriti e scoraggiati e perduti. Allora cerca di dare loro parole che accendono la speranza. Io vado avanti a prepararvi un posto, dice loro Gesù, per dire che, anche se non lo vedranno più accanto a loro, Gesù comunque, sarà sempre vicino a loro perché si sta occupando di loro, lassù nel cielo. Perciò queste parole sono molto preziose per il credente di ogni tempo, perché soprattutto nei momenti difficili, soprattutto nei momenti di sconforto, soprattutto nei momenti di solitudine, il credente può guardare verso il cielo con questa speranza. Qualcuno ti sta preparando un posto. Sapere di avere un posto prenotato, di avere un posto preparato, di avere un posto in cui saremo accolti, ecco ci aiuta a camminare con più speranze. Siamo invitati a far questo, a guardare ogni istante il cielo, sapendo che là, in cielo, qualcuno sta lavorando per la nostra felicità e sta garantendo il nostro futuro. Queste parole di Gesù allora sono davvero speranza, non solo per gli apostoli ma anche per i discepoli di Gesù di ogni tempo e anche per noi oggi.

 

VOGLIO ANDARE A CASA

Penso che tutti, in un modo o nell'altro, amiamo la nostra casa. Certo, alle volte la sentiamo anche piccola e stretta: e tuttavia sperimentiamo tutti, ogni tanto, la gioia di poterci ritirare in casa, nella nostra camera, chiudendo fuori, almeno per un momento, le molte occupazioni e preoccupazioni che la vita ci presenta.

Anche i giovani – che pure amano uscire fuori e girare per il mondo – sentono spesso il desiderio di tornare a casa, per trovare un po' di pace nella propria camera, tra le proprie cose. Voglio andare a casa – canta ad esempio Jovanotti, che certo ben esprime i sentimenti di molti giovani d'oggi – io voglio andare a casa, la casa dove posso trovar pace.

Dunque, il desiderio della casa tocca un po' il cuore di tutti. Proprio come accadeva già in quel tempo ai discepoli radunati attorno a Gesù per l'ultima cena, secondo il racconto del Vangelo di Giovanni di oggi: anche quei discepoli sentivano forte il desiderio di una casa dove trovar pace.

In realtà, essi una casa l'avevano trovata proprio il giorno in cui si erano incontrati con Gesù di Nazareth. "Maestro, dove abiti?" – gli avevano domandato all'inizio i primi due discepoli, sulla riva del fiume Giordano; "Venite e vedrete" – aveva risposto loro Gesù, assecondandone subito il desiderio: e quel giorno appunto i due "andarono, videro dove abitava e si fermarono presso di lui" (Gv 1, 35-39). Così accadde in seguito per molti altri, nelle diverse città e regioni attraversate da Gesù.

All'inizio dunque i discepoli erano stati colpiti dalle parole del Maestro, e avevano deciso di metter su casa con lui. Per questo motivo lo seguivano ovunque andasse: e anche quando a due a due erano stati inviati a predicare avevano sentito forte nel cuore il desiderio di ritornare a casa, da Gesù, per raccontargli ogni cosa (Lc 10, 17).

Ora Gesù stava per lasciarli: la sua condanna a morte era ormai già scritta, e i discepoli vedevano così andare in frantumi quella casa, quella compagnia che avevano costruito. Il loro cuore, dice il Vangelo, era turbato (Gv 14 ,1): affannato, agitato, proprio come il nostro cuore quando non riesce a trovare una casa tranquilla in cui riposare.

Certo, ai discepoli ed a noi Gesù fa intravedere un'altra casa – la casa del Padre mio (Gv 14, 2) – una casa che ha molti posti, un posto per ciascuno di noi, un posto che ci può davvero dare la serenità cercata. Eppure ai discepoli ed a noi l'immagine di quest'altra casa appare ancora troppo confusa e distante: il nostro cuore rimane turbato, e ci ritroviamo spesso affaticati e spaesati lungo le strade della nostra vita. Perché sarà pure vero che la casa del Padre è bella ed ha molti posti: ma intanto le strade in cui ci troviamo sono piene di affanni e di paure, e non è detto che ci conducano proprio alla casa tanto desiderata.

Ma la risposta di Gesù a questo turbamento dei discepoli e nostro non si fa attendere: "Io vado a prepararvi un posto... e del luogo dove io vado, voi conoscete la via" (Gv 14 ,2.4); infatti "io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14, 6). Il Signore dunque non solo ci promette una mèta – la casa del Padre – ma addirittura ci anticipa questa mèta nella sua stessa vita. Perché è proprio nella sua vita che si è manifestata la casa benedetta del Padre: nella sua vita, come pure – e soprattutto – nella sua morte e risurrezione, quando il Padre non lo ha abbandonato negli inferi, ma lo ha fatto entrare per sempre nella sua casa. In lui davvero si è manifestata la casa benedetta del Padre.

"Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14, 9) – conferma infatti Gesù ai discepoli turbati: e dunque anche oggi chi incontra Gesù vede la casa benedetta del Padre, e può da subito camminare verso quella casa cercata e desiderata. Soltanto così possiamo ritrovare la speranza; e possiamo scoprire che il desiderio della casa non può spingerci alla chiusura nelle nostre piccole mura domestiche, ma deve aprirci al Vangelo del Padre, alla promessa buona che il Padre ci ha fatto, oltre le ristrettezze del tempo presente.

Il desiderio della casa diventa allora il desiderio di una vita nuova: una vita che inizia oggi, nell'incontro con Gesù risorto; una vita che sa custodire tutti i doni preziosi in essa nascosti; ma anche una vita che guarda avanti, alla casa promessa del Padre. Con una sola certezza: "l'occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia" (Sal 33, 18). Una certezza che è davvero già oggi casa sicura per tutti.

 

Santo del Giorno

Oggi 13 aprile si venera:
 
 

San Martino I


San Martino I
Nome: San Martino I
Titolo: Papa e martire
Nascita: 600 circa, Todi
Morte: 16 settembre 665, Chersonea, Crimea
Ricorrenza: 13 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
La vita di questo martire del dovere, che con ammirabile eroismo bevette fino all'ultima stilla il calice delle amarezze per la difesa della Chiesa, dovette certamente apparir grande ai suoi contemporanei!Martino nacque a Todi nell'Umbria e studiò a Roma, ove si rese celebre per il suo sapere non meno che per le sue rare doti e virtù. Era appena stato consacrato sacerdote quando Papa Teodoro lo mandò come nunzio a Costantinopoli per tentare il richiamo dei Monoteliti all'unità della fede. Ma morto pochi anni dopo il Papa (649), Martino fu richiamato a Roma a succedergli.
Egli sali sulla Cattedra Apostolica col dolore di aver lasciato l'Oriente in preda alle eresie ed alle più gravi ribellioni. Onde, per prima cosa convocò il Concilio Lateranense, dove espose al venerando consesso la triste situazione e condannò gli eresiarchi principali: il patriarca Sergio, Paolo e Pirro; inoltre mandò un suo nunzio a Costantinopoli.
I Monoteliti anzichè sottomettersi s'accesero maggiormente di rabbia e tosto inviarono a Roma l'eresiarca Olimpio, coll'incarico di uccidere il Pontefice, o almeno di impadronirsi della sua persona. Non avendo potuto ottenere il loro scopo, ricorsero a mezzi ancor più diabolici, calunniando il santo Pontefice presso l'imperatore, il quale, già infetto di eresia, fu spinto ad assecondare i loro empi disegni. Costante spedì tosto un secondo nucleo di satelliti che con la violenza e con l'inganno riuscirono a legarlo, e nella stessa notte 8 giugno 654, a imbarcarlo per Costantinopoli.
Colà giunto, dopo lungo e dolorissimo viaggio, fra privazioni e crudeli trattamenti, il santo Pontefice provò con irrefragabili ragioni la sua innocenza : ma invano. Costante tentò di costringerlo a sottoscrivere gli editti già condannati, ma il Papa disprezzando la minaccia, l'esilio e la morte stessa, rispose : « Non possumus ». Allora fu dai magistrati vilmente spogliato delle insegne pontificie, incatenato ed esposto all'infamia per le vie della città, mentre i fedeli gemevano. Fu poi messo in prigione per alcuni mesi, finché il 10 marzo del 655 venne deportato definitivamente in Crimea, per attendervi l'esecuzione della sentenza.
Di là il santo Pontefice scriveva : « Vivo fra le angosce dell'esilio, spogliato di tutto, lontano dalla mia sede; sostento il fragile mio corpo con duro pane, ma ciò non mi importa. Prego continuamente Iddio che, per intercessione dei Ss. Pietro e Paolo, tutti rimangano nella vera fede. Confido nella divina misericordia che chiuderà presto la mia mortale carriera... ». Il Signore esaudì la preghiera del santo pontefice, che morì martire del dovere per la difesa della giustizia e della verità, il 16 settembre del 665, dopo 6 anni di dolorosissimo pontificato.
Il suo corpo venne sepolto provvisoriamente in una cappella della B. Vergine, e poco dopo trasferito a Roma.
PRATICA. Ricordiamo che le sofferenze di questa vita, sopportate con pazienza, ci aumentano i meriti.
PREGHIERA. Dio, che ci allieti ogni anno con la solennità del tuo beato Martino Papa e martire, concedi, propizio, che mentre ne celebriamo la festa ci rallegriamo della sua protezione.
MARTIROLOGIO ROMANO. San Martino I, papa e martire, che condannò nel Sinodo Lateranense l’eresia monotelita; quando poi l’esarca Calliopa per ordine dell’imperatore Costante II assalì la Basilica Lateranense, fu strappato dalla sua sede e condotto a Costantinopoli, dove giacque prigioniero sotto strettissima sorveglianza; fu infine relegato nel Chersoneso, dove, dopo circa due anni, giunse alla fine delle sue tribolazioni e alla corona eterna.
 

Santo del Giorno

Il 14 aprile si venera:
 
 

San Lamberto di Lione


San Lamberto di Lione
Nome: San Lamberto di Lione
Titolo: Vescovo
Nascita: VII secolo, Francia
Morte: 688, Lione, Francia
Ricorrenza: 14 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
 
Da giovane Lamberto prestò servizio alla corte del re Clotario posizione che abbandonò per diventare monaco nell'abbazia di Fontenelle, di cui era abate il fondatore S. Vandregisilo (22 lug.). Alla morte di questi, nel 668, Lamberto ne fu eletto successore. L'abbazia era già famosa in Europa per santità e rigida osservanza della regola, e queste virtù vennero ulteriormente rafforzate dal nuovo abate. Tra i suoi discepoli c'erano S. Eremberto (14 mag.), dimessosi da vescovo di Tolosa per entrare a Fontenelle, e S. Condedo (21 ott.), un inglese che diventerà poi famoso eremita. Nel 679 circa Lamberto fu scelto come arcivescovo di Lione, ma i suoi Acta di vescovo non sono giunti fino a noi e non si hanno notizie riguardo a quel periodo della sua vita. L'unica informazione si riferisce all'uso di ritirarsi di quando in quando nell'abbazia di Donzère in Provenza, che egli aveva fondato come filiazione di Fontenelle. Morì nel 688.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Lione in Francia, san Lamberto, vescovo, che fu prima monaco, poi abate di Fontenelle.

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